lunedì 29 gennaio 2018

SCHIEVENIN Più sicurezza per le tasche di qualcuno...




Mi sembra, che nella Valle di Schievenin, gli incidenti sono avvenuti sempre per delle distrazioni, non certo a causa delle protezioni in loco ( spit , catene o moschettoni), mi sento anche di dire che tutto sommato è una delle palestre di roccia più sicure del circondario, nonostante qualcuno abbia cercato di gettare scompiglio e terrore. Comunque l'arrampicata in ambiente resta un attività estrema e pericolosa. Chiaro che numerosi moschettoni o maglie rapide andrebbero sostituiti, lo faccio presente continuamente, in molti casi mi adopero per sostituirli e lo fa anche qualche anonimo volontario, a differenza di molti che si lamentano pubblicamente e non hanno mai messo mano. Sono buoni i propositi del comune di Quero per un arricchimento della Valle in prospettiva turistica, ma per quel che riguarda la messa in sicurezza c'è stata una mancanza di conoscenza e sensibilità, che ha messo hai margini, senza interpellarli, coloro che negli anni hanno aperto e mantenuto le vie in sicurezza. Non faccio nomi, ce ne sono tanti. Mi sento di nominare l'unico che, come gruppo, per un periodo della storia di Schievenin, si è dato da fare per la manutenzione di quasi tutte le vie, ovvero “I Salvan” del Cai di Montebelluna. Quel che mi lascia esterrefatto è che i più assidui frequentatori non sanno ancora a chi verrà dato l'onere di sistemare la palestra e con quali “escamotage” all'italiana si sono conquistati, magari senza meriti, soldini facili per pseudo lavori inventati. Con il presupposto che non dovrebbe essere un lavoro ma una passione collettiva di volontariato, io come sempre lo farei gratis, eccetto per il materiale naturalmente, lavorando solo dove veramente necessario...pensate quanti soldi risparmierebbe il comune! Ah ah ah...!
Forse sarà perché sono un romantico e vedo ancora l'arrampicata come un attività pulita, fuori dagli schemi degli interessi economici che mi permetto di fare polemica, ma lo so bene che i miei commenti sono sterili e che le carte sono già state giocate. Spero solo che i fortunati “professionisti” abbiano il buon senso di rispettare la storia e quello che hanno fatto gli altri, senza ridurre l'arrampicata libera ad una progressione con il rinvio sempre davanti al naso...
Ah... dimenticavo le vie sono già state mappate....

lunedì 1 gennaio 2018

2018....ANCORA NO SPIT



Il 2017 è stato per me il classico anno sabbatico, in cui ho sentito veramente il peso degli anni, con un'alternanza di condizioni fisiche che non mi hanno permesso di trovare mai gli stimoli e il momento giusto per realizzare qualche sogno alpinistico rimasto nel cassetto. Al tutto poi si è aggiunta la triste notizia che alcuni “ boce” hanno aperto delle vie, usando trapano e spit, sulle montagne che più amo; le Alpi Feltrine, i Monti del Sole e il Bosconero. Una mazzata per il mio modo di vedere. Gruppi montuosi, che nonostante la modesta quota, considero a tutti gli effetti montagne con la emme maiuscola, e quindi riservate all'alpinismo vero e proprio con tutte le caratteristiche e difficoltà che questa attività acclude: dai faticosi avvicinamenti con zaini pesanti, all'incertezza per le condizioni del tempo, dalla morfologia dell'ambiente fatto di neve ghiaccio e roccia, alla varietà dei suoi percorsi con mura inaccessibili fatte di fessure, pieghe naturali, placche lisce, strapiombi, tetti etc... barriere naturali con le quali ogni alpinista deve sapersi confrontare imponendosi delle regole etiche che limitino l'uso della tecnologia e delle attrezzature moderne.
Ben si sa che l'uomo è andato sulla luna, e che già agli inizi del secolo scorso si costruivano palazzi di centinaia di metri ed esistevano perforatori a percussione in grado di forare il granito, lo sapevano anche Paul Preuss e George Winkler, e tutti i grandi alpinisti di quel epoca e di quella successiva, che erano certamente opposti per la maggioranza, a qualche mente perversa che già allora aveva costruito vie ferrate e funamboliche funivie per raggiungere cime impossibili, per la gioia del turista della domenica e delle tasche di pochi magnati. Un progresso nemico della natura che ha portato solo dopo alla consapevolezza della tutela degli ambienti dei giorni nostri mettendo un limite a dette opere. Questa breve riflessione può apparire piena di retorica, ma è strettamente collegata a piccolezze come quella di praticare l'alpinismo usando il trapano per riempire il proprio carniere, superando barando i propri limiti. E' più forte di me non riesco a tacere per quanto mi riprometta di stare zitto e di non alimentare polemiche, visto che allo stato attuale, mi sento solo a combattere contro il mondo intero per un ideale che non riesco più a rendere elastico. Spero almeno di sensibilizzare i pochi giovani che curiosano per caso nel mio blog, o di spronare qualche vecchio a tenere duro per non farsi ammaliare dai grandi numeri senza rischi proposti da questi itinerari definiti moderni. L'alpinismo deve distinguersi dall'arrampicata sportiva, e come essa porsi delle regole, ci sta' a pennello il non trapanare la roccia come il non usare le bombole di ossigeno in quota, il non lasciare spit fissi, come il non costruire campi intermedi fissi in quota (qualcuno ci ha già pensato seriamente).
Credo che sulle dolomiti l'evoluzione delle vie “trad”, dell'alpinismo pulito, sia stata frenata dall'essere andati molto avanti con il grado di difficoltà nell'arrampicata sportiva praticata in falesia e sui massi, si è voluto poi riproporre le stesse situazioni in montagna, dando l'illusione ai numerosi ripetitori di praticare alpinismo estremo. In realtà si tratta di una scorciatoia messa in atto da chi non ha voluto accettare i propri limiti, proponendo un'evoluzione basata su un esagerato innalzamento della difficoltà, che ha saltato un percorso intermedio, sminuendo gli itinerari classici e il più recente periodo storico di un' intera generazione che si è affannata nella ricerca dell'arrampicata libera, dove la difficoltà non era solo un gesto atletico, bensì la capacità mentale di muoversi solo con le protezioni concesse dalla morfologia della roccia. Stile improntato su di un etica rigida che ha portato all'apertura “on sight “ di vie con difficoltà poco oltre il VII e ben lontana dai grandi numeri proposti dai moderni trapanatori. Sono vie rimaste nell'oblio ripetute raramente solo da pochi preparati e che meriterebbero tutte le attenzioni della cronaca. Volendo poi, per chi si lamenta che non c'è più niente da fare, di queste vie mancherebbero le prime invernali, le prime solitarie, e comunque con un po' di fantasia e creatività ci sono ancora numerose vie stradure da aprire, chiaramente su queste il pericolo non manca, ma proprio non me lo vedo l'alpinismo senza rischio.
Sui trapanatori quello che mi lascia perplesso è la confusione di pensiero, con tutte quelle etiche e sotto etiche che si stanno sviluppando formando diverse schiere: da quelli che si definisco esclusivamente arrampicatori sportivi, e forse sono quelli più coerenti, che attrezzano da cima a fondo e gradano bello lasco per attirare intere masse. A quelli un po' confusi, con più cultura alpinistica, liberisti puri, che aprono la via in stile classico, ma che poi sulla placca si dicono è impossibile passare, e dopo aver armeggiato in artificiale con clif e micro chiodi, concludono con il trapano, giustificando il proprio senso di colpa asserendo di aver usato solo due spit in tutta la via. Altra categoria, ed è quella che mi fa più paura, è quella di chi, dichiarandosi altruista, si preoccupa che alcuni gruppi montuosi siano poco frequentati, ed invece di andare a ripetere le vie già esistenti in prima persona, pensa bene di aprirne di nuove, attrezzando con gli spit, guarda caso solo il tiro che devono tornare a provare in libera...
Non me ne voglia nessuno per queste affermazioni, le mie critiche sono sterili, come già detto sono solo un vecchio ago nel pagliaio, ma credo più che fermamente che la montagna meriterebbe più rispetto e che all'alpinismo, con tutto il suo bagaglio storico, vada concessa una semplice regola come quella della “lealtà” di non trapanare la roccia. Per chi ha voglia di spittare ci sono innumerevoli falesie alte anche fino a 300 metri, nelle quali è possibile sviluppare l'arrampicata sportiva a più tiri, e comunque ce ne sono già molte e la maggioranza son poco ripetute.
Concludo: sarebbe veramente bello lasciare stare la montagna e il terreno per lo sviluppo dell'alpinismo dell'arrampicata trad e dell' avventura....perciò Buon 2018.....senza spit!!!