giovedì 12 maggio 2016

Campanile della Besausega...MI PIACE...


....Ben presto ci trovammo a scalare e dopo un primo tiro eravamo sotto l’enorme strapiombo, più in basso Ilio appoggiato con la schiena ad un masso ci osservava con al suo fianco il binocolo per dirigerci come un vero maestro d’orchestra. Lo stupore nel guardare in su era palpabile, il grosso ammasso roccioso sopra alle nostre teste era fortemente gitante e friabile, l’unica cosa che poteva incoraggiarci un po’ era una corda fina e secca passata dentro a chiodi che il buon Mass aveva infisso per la progressione in artificiale, forse l’aveva lasciata per facilitarne la risalita per i suoi successivi tentativi. Nonostante la corda e le numerose protezioni, il tiro risultò mostruoso per impegno e arditezza e Ale ne arrivò a capo con notevole fatica e abilità nonostante i quattro chiodi che gli rimasero in mano. Nel percorrere quel tiro non potei non constatare la certosina chiodatura fatta di chiodi di varia misura, di cordini e dadi incastrati e legati tra loro, il tutto molto, ma molto, aleatorio…..bravo Ale! Non con pochi patemi raggiunsi il mio compagno di cordata, lì ad aspettarmi, oltre a lui, c’era un po’ di materiale che il Mass aveva lasciato di proposito e in quel momento sentii una stretta al cuore.
Ora la parete era meno strapiombante, al di sopra dei nostri sguardi si innalzava un muro giallo e compatto, segnato appena sopra la nostra sosta da un’esile fessura chiusa ben presto da un rigonfiamento roccioso, poi solo lisce placconate gialle. Dopo il superamento abbastanza agevole della fessurina, ci trovammo su un tratto di roccia di difficile chiodatura e la nostra arrampicata ora libera – mista artificiale subì uno stop. Tutti i tentativi per avanzare e piantare un buon chiodo sembravano vani, il tempo passava velocemente e lo sconforto era sempre più forte tanto da pensare alla ritirata. Dopo ripetuti tentativi, Ale provò a piantare un chiodo dentro ad un buco all’apparenza cieco tanto che fino ad allora non l’aveva nemmeno preso in considerazione e, sorpresa delle sorprese, il chiodo entrò quasi del tutto. Ora l’entusiasmo era di nuovo buono perché ora altri due metri erano stati vinti, perché ora si poteva osare anche qualcosa di più! Oramai si era fatto tardo pomeriggio e dopo un po’ di peripezie varie, il muro giallo era finalmente nostro e da sotto della parete llio urlava entusiasta “L’è fatta l’è fatta ora la via!”.
Era tardi e in un giorno eravamo riusciti ad aprire solamente una lunghezza di corda oltre a ripetere le altre due ma eravamo felici perché ora c’era solo da attraversare verso destra senza apparenti difficoltà sino al nostro desiderato virgolone di roccia grigia.
Era domenica e il giorno successivo il lavoro incombeva puntuale quindi ci calammo lasciando su le corde per una rapida risalita per la volta successiva. Stanchi ma soddisfatti rientrammo in valle accompagnati sempre dal nostro tutor.
10/10/2010 dopo un pessimo e umido bivacco trascorso sotto allo zoccolo del Campanile e una risalita in jumar ci trovammo di buon mattino a scalare ancora sulla roccia vergine sospesi nel vuoto sopra il boral della Bezausega. Ora l’arrampicata era più fluida alternando passi difficili a lunghezze di corda più scorrevoli, con a tratti roccia un po’ friabile e a tratti lunghezze con croda come il marmo. Tutto questo fino sopra la cima, dove verso sera forte suonammo la campana a liberazione della nostra infinita gioia. Gioia di essere in vetta, gioia di aver ripreso le orme di un mito come il Mass, gioia di esser là con Ale, che ha saputo con l’abilità che lo contraddistingue colmare il mio non ottimale stato di forma, gioia di esser là con Ilio…perché, anche se non c’era fisicamente, per me quel sogno è stato realizzabile anche per il suo impegno e la sua vicinanza, è come se fossimo stati in tre in parete. Gioia di essere in un luogo dove gli alpinisti si sentono tali, dove la discesa lunga e faticosa può essere resa lieta dall’incontro di un amico con le birre in mano, dove un forte abbraccio riesce a dire più delle parole, dove il pensiero va alla memoria di quel formidabile alpinista di nome Lorenzo Massarotto.

Lucio Faccin classe 1972 istruttore del CAI Montebelluna, alpinista da "vione", nel suo curriculum centinaia di ripetizioni su  grandi pareti di cui: Diedro Casarotto e Casarotto De Donà sul Spiz di Lagunaz. Martini, Philip Flamm, Gunther Messner in Civetta. Martini,Strobel Navasa.KGF, in Bosconero. Ideale e Ezio Polo in Marmolada...e un infinità di altre...da ricordare El Cianton prima invernale sulla terza Torre di Sella... Spigolo Agner invernale...




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